Continuiamo a riprenderci i nostri spazi ed a far vivere sta CiTTà

Venerdì
12, durante uno dei diversi corteo studenteschi di quella giornata che
generalizzava lo sciopero contro chi vuol far pagare sempre a noi il
costo della crisi delle banche e dei speculatori, diverse centinaia di
studenti e pischelli del quartiere avevano occupato i locali sotto il
cinema sacher, di proprietà del ministero delle finanze (monopoli di
stato), abbandonato da oltre dieci anni e sul quale erano stati
finanziati lavori per quasi un milione di euro mai terminati.

 

Una
occupazione simbolica, della durata prevista di due giorni all’interno
dei quali erano già previste attività culturali e sociali, per
denunciare la gravità di un ennesimo spazio abbandonato (in un
quartiere, peraltro, sempre piu’ privo di spazi di aggregazione non
commerciali) e chiedere alla istituzioni locali di farsi promotori di
un tavolo aperto, con la partecipazione della proprietà, delle
associazioni di quartiere e degli enti locali affinchè quello spazio
potesse divenire una risorsa per tutto il quartiere, potendo ospitare
un centro culturale e sportivo di aggregazione.

 

A
questa iniziativa le istituzioni della roma di Alemanno hanno risposto
con l’impiego in poche ore di centinaia di agenti dei reparti
antisommossa, trenta identificazioni, quattro minorenni tradotti in
commissariato.

 

La
scelta di sgomberare quella occupazione sembra essere la logica
conseguenza di chi vorrebbe che in questa città regnasse il silenzio,
nessuno denunciasse le speculazioni in corso, nessuno rivendicasse i
propri bisogni, i propri tempi, i propri spazi.

 

Anche
le modalità con le quali si è scelto di operare lo sgombero di un
presidio pacifico dicono, secondo noi, qualcosa. Circa duecento uomini
in tenuta antisommossa (caschi in testa, manganello alla mano, tanto
per chiarezza) di tre corpi diversi delle forze dell’ordine (compresi
gli artificieri). Una intera strada (nel giorno della città allagata la
priorità della prefettura di roma era sgomberare quel presidio) chiusa
alla circolazione di macchine e persino dei pedoni (forse per non avere
testimoni). Il capo della digos di roma in persona a coordinare le
operazione. Ragazzi di sedicenni tradotti in commissariato (anziché
trattenuti sul luogo, come previsto dalle legge per i minorenni) dopo
essere stati caricati sulle volanti, ed interrogati in commissariato.

 

Qualcuno
ha paura. Ha paura di questa generazione che qualcuno avrebbe voluto
precaria, e suddita, ed invece si sta rivelando selvaggiamente ribelle.
Questo qualcuno ha paura, ed allora prova a fare la voce grossa, a far
vedere i muscoli, a fare paura per superare la sua paura.

 

La
lucidità e la determinazione con la quale gli occupanti e le occupanti
hanno affrontato lo sgombero, e con la quale a partire dal giorno dopo
abbiamo tutti insieme continuato a far vivere le nostre scuole ed i
nostri quartieri (tornando anche di fronte a via induno, controllata
adesso da vigilante privati, per buttare altri soldi per difendere uno
spazio vuoto) con altre decine di iniziative (assemblee straordinarie,
"notti bianchi", cineforum, presidi), ci dice però che questo tentativo
di fare paura è inevitabilmente fallito.

 

Se
il nuovo Prefetto di Roma, forse per farsi benvolere dal sindaco
Alemanno che ha criticato il predecessore per una linea di condotta
troppo "dialogante", ha voluto così inaugurare il suo rapporto con gli
studenti e le studentesse della città, ha fatto male i propri conti.

 

Non
ci basta esprimere la solidarietà agli occupanti di via Induno, ai
trenta identificati, ai possibili denunciati. Vogliamo ribadire che
siamo tutti e tutte occupanti di via induno, come siamo stati tutti e
tutte a prendere le aule autogestite in queste settimane nelle scuole,
ad occupare gli istituti, a respingere le infiltrazioni dei fascisti, a
scendere in piazza, ad affrontare le cariche della polizia, a
riprendere il nostro futuro.

 

Non potete fermarci. Arrendetevi, siete circondati.

 

collettivo autorganizzato degli studenti e delle studentesse

collettivo giovanile di monteverde contro la precarietà  – BlackOut

 

 

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